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All'interno della giovane cristianità, il monachesimo enfatizza la brusca frattura non solo con gli stili di vita alimentari della tarda e declinante antichità romana, ma anche rispetto alla coeva aristocrazia germanica, vorace di carni animali sanguinolente, di sensualità e di violenta libido dominandi. Il monaco benedettino, in quanto illuminato dalla grazia celeste, non si rassegna a subire le degenerazioni di un mondo fratturato dal peccato originale ma, all'opposto, si sforza di ricostruire nel cenobio una societas che rechi in sé quantomeno le tracce dell'archetipo progetto divino: sobrietà, mitezza di cuore, senso del limite e orrore del sangue dei viventi determinano il suo atteggiamento riguardo il cibo. L'autore esplora in questo breve testo introduttivo il disciplinamento del regime alimentare monastico nel medioevo, con i suoi presupposti teologici e culturali e lo inquadra nel più ampio contesto storico rappresentato dall'incontro-scontro tra romanità e germanesimo.